Comunicato stampa 01 luglio 2013
Finalmente dal 6 luglio sarà nuovamente fruibile al pubblico l’area archeologica di San Martino a Poggio (470 m s.l.m.), più nota con il nome della loc. Frascole (Dicomano), dedicata a Giuliano de Marinis[1], insigne archeologo, recentemente scomparso, che tanto si prodigò per gli scavi archeologici di questo sito. I lavori terminati dopo tre anni dal loro inizio, resi possibili grazie all’assegnazione del contributo regionale PAR-FAS 2007/2013 per la Cultura - ottenuto su presentazione da parte del Comune di Dicomano, promotore dell’iniziativa, di uno specifico progetto, con la partecipazione della Regione Toscana per il 60% e per il restante 40% a carico del Comune - hanno visto la presenza della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana, nella persona dell’Archeologo Ispettore Dott. Luca Fedeli e dell’operoso Gruppo Archeologico Dicomanese. Inoltre, hanno collaborato a vario titolo: l’archeologa Laura Paoli, consulente scientifico per il Comune e l’assistente tecnico Giuseppe Barsicci[2], il tutor topografico Geom. Francesco Martinelli, a cui si devono i rilievi archeologici e l’antropologa Irene Baldi alla quale si deve lo scavo di parte del cimitero della Chiesa di San Martino. Aggiudicataria dell’appalto dei lavori, la Ditta M.B.F. Edilizia S.p.A. di Arezzo. Con questo progetto di ricerca ci prefiggevamo di raggiungere un ambizioso traguardo: portare a termine l’indagine archeologica dell’area e, se possibile, comprendere la funzione del grande edificio etrusco diviso in tre vani, interpretato come tempio sia per la sua pianta tripartita, che per la presenza di numerose iscrizioni dedicatorie, riportanti il gentilizio dell’importante famiglia etrusca dei Velas’na, ma anche come “fortezza d’altura”, costruzione difensiva quindi, appartenente sempre alla medesima famiglia, che tanto ha fatto discutere gli studiosi. Per questo motivo sono stati indagati tutti e tre i suoi ambienti e il lavoro si è presentato subito più lungo del previsto, ma foriero di novità. Sono stati individuati in ciascun vano, muri in mattoni di argilla, una vera e propria rarità in Etruria, sia per il materiale di cui sono fatti, sia per la difficoltà oggettiva d’individuarne l’elevato nel terreno. Tali strutture, rivestite da un sottile intonaco di protezione bruno-violetto, hanno le fondamenta in piccole bozze di arenaria locale e sono databili circa alla fine del IV sec. a.C., precedenti all’edificio ellenistico che le ha inglobate e distrutte. Inoltre, nel vano est, sono state individuate anche due lunghe travi in legno, cadute una sull’altra al momento del crollo della copertura, che hanno richiesto un minuzioso scavo eseguito con piccole “lancette” di metallo. Abbiamo subito compreso l’importanza di quanto avevamo scoperto e per rendere fruibili al pubblico le nuove emergenze, in accordo con il Comune di Dicomano e la Soprintendenza per i Beni Archeologici, è stata progettata dall’Arch. Stefano Crivelli, Direttore dei Lavori, una copertura in policarbonato trasparente sorretta da tubi innocenti. Con un’adeguata irrigazione aerea a timer, le strutture vengono tenute umide durante i caldi estivi e protette con tessuto non tessuto, paglia e nylon, nei rigori invernali. Tracce di strutture in mattoni crudi sono state individuate anche tra l’edificio ellenistico e la chiesa e lacerti di esse s’individuano, prestando attenzione, anche in altre parti dell’area archeologica.
In questa indagine sono state usate attrezzature all’avanguardia per la restituzione grafica, quale lo scanner tridimensionale Leica, abilmente utilizzato da F. Martinelli, che ci ha consentito, con margini di errore vicini allo 0, di avere una situazione sempre aggiornata delle piante di scavo. E’ stato possibile, inoltre, effettuare analisi chimiche sia sulle argille che sul legno per identificarne l’essenza (quercia), eseguite con il contributo del geologo Pasquino Pallecchi e della Dott.ssa Gianna Giachi della Soprintendenza Archeologica Toscana. Sono state fatte analisi con il C14[3] anche su carboni prelevati in stratigrafie affidabili, nonostante che in genere, queste vengano intraprese per cronologie più antiche, confermando per la datazione dei muri in argilla, gli ultimi anni del IV sec. a.C. Una parte importante del lavoro, come da progetto, ha riguardato gli interventi di restauro conservativo sulle strutture dell’imponente costruzione etrusca e quelli relativi ai muri più modesti sia etruschi che medievali, quest’ultimi appartenenti all’omonima chiesa.
Del grande edificio ellenistico che ha inglobato e distrutto parte del preesistente abitato, non sono stati individuati i piani di vita. Probabilmente l’edificio non venne mai terminato: il III secolo a.C. fu un momento storico difficile per l’Etruria settentrionale e per il territorio mugellano. Le incursioni dei Galli prima (225 a.C.) e la seconda guerra punica poi (218 a.C.), con l'attraversamento delle Alpi e dell'Appennino ad opera del cartaginese Annibale, porteranno l'etrusca Fiesole, intorno alla quale gravitava questo territorio, a costituire un sistema difensivo ai confini di tutto il suo comprensorio. Da qui l’ipotesi di una “fortezza d’altura”, da intendersi anche quale residenza periodica dei Velasna, famiglia maggiorente del luogo, senza però escludere la presenza di “un piccolo luogo di culto”. Comunque, al di là della funzione specifica del prestigioso monumento, le nuove indagini ci hanno fatto conoscere l'esistenza di un insediamento di cui non sospettavamo, databile dalla fine del IV agli inizi del II sec. a.C., come attesta il rinvenimento di vasellame di uso domestico in vernice nera, acroma e grigia, di vari oggetti legati alla tessitura e di alcune armi in ferro. Successivamente il luogo continuò ad essere frequentato in età romana, anche se solo saltuariamente, fino al II sec. d.C.
[1] Giuliano de Marinis, Funzionario archeologo di questa zona dal 1976 fino al 1995 quando fu nominato Soprintendente Archeologo delle Marche, continuò a interessarsi di questo sito archeologico pur stando lontano.
[2] Giuseppe Barsicci, Assistente tecnico a riposo della Soprintendenza Archeologica Toscana, ha seguito i restauri delle strutture e gli scavi ad iniziare con il Soprintendente Guglielmo Maetzke, con la conduzione di Francesco Nicosia e di Giuliano de Marinis poi.
[3] Le analisi sono state eseguite dal CE.D.A.D, Centro di Datazione e Diagnostica Dipartimento di Ingegneria dell’Innovazione (Università del Salento).